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viaggio in Sicilia: la cucina vulcanica di Giuseppe Biuso

| danilo giaffreda

Su una cosa non c’è dubbio: Giuseppe Biuso non ama passare inosservato. E’ un po’ una questione di sopravvivenza, del resto: o lui, o la profusione quotidiana di bellezza mozzafiato tutt’intorno. D’altra parte, il rischio di distrarsi è alto, altissimo. Dallo spettacolo dei tramonti eternamente cangianti alla natura selvaggia e prorompente, dalla seduzione del blu senza soluzione di continuità tra mare e cielo al bianco abbacinante degli intonaci alternati alla brutalità sensuale della pietra lavica, al Therasia Resort&Spa di Vulcano la contesa a guadagnarsi la scena è all’ordine del giorno. L’avventore del ristorante Il Cappero, fiore all’occhiello di un poker di proposte ristorative di tutto rispetto, non sospetterà mai, preso da incanto e rapimento, che quel giovane garbato, serio, assorto e compreso nel suo ruolo e impegnatissimo a governare con piglio risolutivo la sua affollata cucina, possa poi sparigliare le carte e, scommettendo sui concetti di sorpresa e divertimento, concentrare esclusivamente su di sé attenzione e ammirazione.

Delle radici palermitane e del ricco repertorio gastronomico ad esse intrinsecamente e intimamente connesso, Giuseppe conserva luminosa memoria e orgogliosa devozione ma, a differenza di tanti suoi affermati colleghi, non si crogiola nell’autoreferenzialità e non rimesta nei luoghi comuni e nelle sacre e intoccabili icone della sicilianità. Contando sulla disponibilità di materia prima di freschezza e intensità uniche e attingendo ironicamente a tutto il suggestivo immaginario del pop palermitano, ne vengono fuori veri e propri tableau vivant convincenti per originalità espressiva, gran governo delle cotture, incisività e chiarezza dei sapori e capacità di riesumare memorie gustative

Lo sostengono, in  questa non facile operazione culturale mista a entertainment, una brigata di validi e affiatati professionisti selezionati con cura negli anni e un background di tutto rispetto alla corte di maestri esigenti e importanti come Corrado Fasolato al Met di Venezia – ricordato come una sorta di sergente maggiore Hartman del kubrickiano Full metal jacket – Nino Di Costanzo a Il Mosaico di Ischia,  Claudio Melis a La Siriola di San Cassiano, Hans Välimäki al Chez Dominique in Finlandia e Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi, dove – a suo dire – il fattore umano travalica ruoli e gerarchie. Per tutti ha una buona parola, di tutti ha preso il meglio, da tutti ha sondato, capito e fatte proprie radici e matrici del fine dining.

A emergere però prepotentemente nella composizione dei piatti, di volta in volta minimalisti, impressionisti o iperrealisti a seconda del messaggio da trasmettere, c’è la scuola di Nino Di Costanzo: artigianalità certosina, capacità di sintesi narrativa e rispetto sacrale degli ingredienti e delle loro potenzialità.

Ma se alcune proposte, in tal senso, sfiorano talvolta il manierismo, è nei piatti di ispirazione più viscerale che viene fuori il talento istintivo e risolutivo di Giuseppe, la sua capacità di tenere saldamente a bada il localistico e del folkloristico traducendolo in una universalità comprensibile alla babele internazionale in vacanza al Therasia: nel risotto allo sfincione icasticamente servito in una divertente riproduzione in ceramica della lapa – l’apecar palermitano – dove la sorprendente combinazione del riso con il formaggio Ragusano, l’acciuga salata di Aspra, il pomodoro, la cipolla Giarratana e la nota iodata del tartufo di mare crudo rievoca prepotentemente, sublimandolo, il re dello street food cittadino; nella potenza espressiva degli anelletti con vongole veraci e fagioli Badda di Polizzi al sentore di rosmarino, perfettamente centrati nell’equilibrio non scontato tra mare e terra o, ancora, nello stravolgimento di un caposaldo della ristorazione isolana, il polpo, che nelle Linguine ai gelsi di Vulcano fatte in casa, crema di lupini e maionese all’aneto, perde la centralità che gli viene solitamente conferita a vantaggio dell’incisività e dell’armonia del piatto.

Piatti che distolgono facilmente lo sguardo dalle vetrate con vista panottica sul tramonto e le altre Eolie in controluce per diventare tappe di un viaggio ideale nell’essenza più intima e autentica della Sicilia e guadagnarsi, così, meritatamente complimenti e promesse di ritorno.

“Non nego che alcuni Siciliani trasportati fuori dall’isola possano riuscire a smagarsi “ dice Don Fabrizio Salina a Chevalley in una delle pagine più belle de Il Gattopardo “bisogna però farli partire molto, molto giovani; a vent’anni è già tardi: la crosta è fatta: rimarranno convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori.”.

Fortunatamente per noi Giuseppe Biuso ha avuto sì il coraggio e la lungimiranza di partire molto, molto giovane, ma anche – e soprattutto – l’intelligenza di tornare.

Ristorante Il Cappero
Therasia Resort&Spa
Vulcano – Isole Eolie
+39 090 9852555
info@therasiaresort.it

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