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pasticciottino mon amour

| danilo giaffreda

L’idea è semplice ma geniale. Tanto semplice che non ci aveva pensato mai nessuno. Per decenni – forse per secoli, chissà – i salentini si sono abituati, accontentandosi, a una sola forma, quella ovale, e a un solo, inossidabile e apparentemente imperfettibile ripieno: la crema pasticcera. Per rispetto della tradizione hanno tenuto fede a quella forma e a quel contenuto e, anche un po’ per pigrizia, non hanno mai avuto il coraggio di cambiarli. Si sono illusi che l’imperfettibilità del pasticciotto fosse una sacra, magica e irripetibile alchimia e  che quel nome, quella forma e quel contenuto fossero inviolabili come simulacri.

Poi è arrivato lui, ci ha pensato per mesi, forse per anni, e con la sua spregiudicatezza, la sua capacità di sapere guardare oltre i confini di un angusto provincialismo, la sua ambiziosa e irrequieta tensione al meglio – anche in termini di numeri e di visibilità – e, voilà, la piccola rivoluzione ha preso forma, nonostante lo scetticismo di molti, i commenti sarcastici e tanta invidia. La forma ovale è diventata rotonda, si è rimpicciolita – l’esatto volume di un avido e goloso boccone – e il ripieno si è moltiplicato. Non solo. Ma da esclusivamente dolce si è fatto addirittura salato. Eresia delle eresie, scacco supremo ai numi protettori della tradizione. Da cambiare rimaneva solamente il nome. I cambiamenti, quando sono importanti, devono essere battezzati e l’onomastica va onorata. Il classico pasticciotto salentino, onomatopeico attributo nel nome del quale si spacciano  ancora in ogni angolo della penisola salentina dolci ovali d’improbabile pasta frolla ripiena di un’ancora più improbabile crema pasticcera, è diventato così il Pasticciottino.

Al classico ripieno si sono aggiunti quelli al pistacchio, alla nocciola, al caffè, alla mandorla, al cioccolato, al limone e alla ricotta, tutti d’ingredienti selezionatissimi e di eccellente qualità. Non pago, l’artefice di questa sfida alla salentinità pura e dura, ha anche osato virare il dolce in salato: le zucchine, le melanzane, i pomodorini “scattarisciati”, la peperonata, le cipolle,  il capocollo e il caciocavallo hanno preso il posto delle creme e il Pasticciottino ha sconfinato senza dolore nel mondo dell’aperitivo, del break veloce all’ora di pranzo e dello spuntino pre-cinema o pre-teatro, è stato infilato – con debito packaging – nella borsa del mare e ha sostituito il cornetto caldo nel cuore dei nottambuli estivi della west-coast salentina. Ad accompagnarlo, nella casa dei natali, a Gallipoli, vini e birre artigianali rigorosamente local, perché se è vero che il Salento arcaico va scosso e rinnovato, è anche vero che nella sua forte, irremovibile e orgogliosa identità va ricercato il successo di questo rinnovato brand che solo a nominarlo evoca tutta la magia e il fascino di questo lembo d’Italia sospeso tra due mari e nel tempo. Antonio Campeggio, valente e dinamico pasticcere da anni nella sua Parabita, questo l’ha capito da tempo, e tempo non ne perde: dopo l’iniziale e scontato “al lupo, al lupo!” della concorrenza minata nelle sue fragili certezze, si gode il meritato successo ma già guarda avanti. Il Pasticciottino che scavalca i confini incerti del Salento e se ne fa cantore non è poi una cattiva idea. Semplice ma geniale.

Il Pasticciottino

Via Buccarella
Gallipoli (LE)
349 159 7939

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