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io fame, you fame

| danilo giaffreda

In una realtà stagnante e rassegnata, dove per organizzare un evento musicale non particolarmente prestigioso in una location per di più ammorbata da miasmi industriali di ogni genere si ricorre al sostegno di una major degli idrocarburi, non posso che esprimere tutta la mia simpatia, entusiasmo e condivisione, invece, nei confronti di una manifestazione artistica che ha fatto del politicamente scorretto e della rinuncia agli sponsor la sua cifra.

Il Fame Festival, organizzato da Angelo Milano dello Studio Chromie e giunto alla sua quarta edizione nel più completo disinteresse di amministratori e media locali, ha riunito a Grottaglie, in provincia di Taranto, il meglio della street art internazionale, quel genere di arte, invisa ai più, che contamina il paesaggio urbano, i suoi muri, le case, le strade, con ironiche e surreali interpretazioni delle nostre incongruenze, i nostri incubi, le nostre paranoie.

Spesso sono grafismi bulimici e incontinenti che partono dalle strade e s’inerpicano, abbarbicandosi, su pareti e muri scrostati; altre volte sberleffi alle convenzioni con installazioni mutuate dal dadaismo, altre volte ancora virtuose rappresentazioni di esseri umani e animali, delle loro solitudini e dell’inadeguatezza del loro stare al mondo.

Non ci troviamo di fronte, quindi, a comuni writer che riempiono i muri di periferia con incomprensibili tag o proclami cubitali, ma al cospetto di artisti di spessore che hanno scelto la libertà della strada, che hanno preferito l’imprevedibilità metereologica alla claustrofobia delle gallerie, ma che in galleria, poi, inevitabilmente ci finiscono e dove, con opere in scala ridotta ma dotate di intensità emotiva pari a quella delle grandi superfici, cercano di raggiungere e incontrare un pubblico motivato e interessato dal quale, inevitabilmente, dipende la loro sopravvivenza.

Come sta accadendo, infatti, in questi giorni sciroccosi di fine settembre quando, accantonato il respiro anarchico della strada e la penombra le botteghe artigiane, questi stessi artisti si mettono in mostra alla Bottega Papocchia di Via Caravaggio: qui, in un suggestivo contesto di archi e volte di tufo annerito dal calore delle fornaci, troviamo un’intimità sorprendente, una carica emotiva dimenticata, una espressione fresca e incontaminata della creatività di questi giovani, il loro misurarsi sapiente anche con spazi forzatamente contenuti e anche gli esiti del dialogo di alcuni di loro con la materia duttile e plastica dell’argilla che qui, a Grottaglie, ha origini antiche e creato, nei secoli, una fiorente industria della ceramica artigianale.

Una tradizione che, se negli ultimi anni si è assopita e fossilizzata su proposte ripetitive e troppo compiacenti verso il gusto convenzionale, ora più che mai, in questo confronto con linguaggi, forme ed espressioni di questa linfa vitale che grazie ad Angelo Milano scorre tra i vicoli del Quartiere delle Ceramiche, può ritrovare nuovo smalto – è il caso di dire – nuovi slanci e aperture sul futuro. Che, a quanto pare, qui abita già senza che nessuno se ne sia ancora accorto.

www.famefestival.it

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