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il centoventesimo olio

| danilo giaffreda

E’ una messa laica quella che Manfredi Barbera ha deciso di celebrare per la prima spremitura delle olive del 2014 e la centoventesima dei Premiati Oleifici Barbera. Il prezioso liquido verde smeraldo centellinato – dopo breve ma intenso ciclo di frangitura – dal futuristico impianto di Contrada Forgia a Custonaci viene raccolto in una brocca, sollevato al cielo sotto gli occhi rapiti degli ospiti arrivati qui da tutto il mondo e poi, con gesto liturgico, versato a filo su un vassoio di fette di pane d’inimmaginabile fragranza.

Quelle che appaiono come ostie contemporanee s’imbibiscono di quel verde intenso e profumato e vengono prese d’assalto in un rito in bilico tra sacro e profano. E’ difficile resistere al fascino ancestrale del pane e olio, specie se il pane è quello siciliano – tra i più buoni al mondo – e l’olio quello che la famiglia Barbera produce sull’isola già dalla fine dell’Ottocento.

Lo sa bene Manfredi – quarta generazione di un pezzo di storia dell’imprenditoria isolana – che ha voluto raccogliere qui, in famiglia, come amici, molti dei suoi buyer internazionali, alcuni suoi fedeli distributori internazionali e una decina di giornalisti, per parlare dello stato dell’arte della produzione isolana dell’olio, delle sue problematiche, dei cavilli burocratici nel mare magnum e spesso incomprensibile delle normative nazionale ed europea, della necessità – oggi non più procrastinabile – del fare rete per condividere gioie e dolori e diventare più forti insieme alla faccia dell’atavico e paralizzante individualismo meridionale, ma anche – da bravo comunicatore qual è – per far vivere loro in prima persona l’unicità della Sicilia.

Manfredi Barbera e Frank Lettieri

L’unicità dei frutti della sua terra e del suo mare, l’unicità della sua storia, l’unicità del clima e dei suoi eccessi, l’unicità della sua gente, l’unicità di una natura generosa e a volte drammatica come in pochi altri luoghi al mondo, l’unicità della sua innata predisposizione all’accoglienza e all’ospitalità.

Quella stessa unicità che, all’imbrunire, a cena, aspetta tutti alle grotte di Custonaci, antri vertiginosi che penetrano la roccia viva e incombente dei monti trapanesi a qualche centinaio di metri dal mare. E’ questa – forte, selvaggia, magica e arcaica – la Sicilia che Manfredi vuole mostrare ai suoi ospiti per far capire meglio il suo olio e il suo valore: una manciata di case contadine costruite negli anni nella suggestiva grotta Mangiapane, uomini e donne che da operai dell’azienda si trasformano per una sera in cuochi e perfetti padroni di casa, cibi straordinari nella loro essenziale ma intensa bontà, vini freschi avvolgenti e sapidi che hanno saputo catturare la luce, il vento e il mare dell’isola. L’effetto, naturalmente, è dirompente e Manfredi, che si aggira orgoglioso tra gli ospiti dispensando battute, complimenti, sorrisi e fisica empatia, ne è cosciente.

Dove, altrove, è possibile avere tanta bellezza tutta concentrata nel raggio di pochi chilometri? Come potrebbe essere, se non eccellente, un olio figlio di ulivi protagonisti di questo spettacolo? La fortuna, in Sicilia, per chi la sa vedere e capire, sta tutta nella generosità della sua terra e del suo mare e nella capacità di questi di rigenerarsi quotidianamente nonostante le offese e la violenza di chi non la sa capire e, quindi, amarla. E uno che siciliano non è ma l’ha saputa vedere capire e amare, facendola sua e condividendola lontano da qui, oltreoceano, è Steven Jenkins,  illuminato ideatore e proprietario di una catena di food-store a New York – la Fairway – dov’è possibile trovare, tra specialità e delicatessen da tutto il mondo, anche autentiche eccellenze enogastronomiche italiane tra cui, naturalmente, l’olio Barbera.

Steven Jenkins

Il giorno dopo, rivolto a una platea affollata di produttori, agricoltori e olicultori provenienti da tutta l’isola, esortandoli a essere orgogliosi di se stessi e a proporre direttamente in America i loro prodotti con il solo ausilio di una efficace strategia di immagine e visibilità, parlerà della Sicilia come di un’affermata “superstar” senza bisogno di tante presentazioni. Per lui, per tanti, all’estero, è già, semplicemente, “the most amazing thing in the world”.

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