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antonio bufi: la puglia unconventional

| danilo giaffreda

Che bello non vederlo più segregato e relegato dietro vetri e fluorescenze, in quella cucina-fucina troppo lontana dagli occhi di chi si muove un po’ smarrito tra scaffali e ristorantini tematici da Eataly, a Bari, in cerca di un volto, un nome, un approdo.

Ritrovare Antonio Bufi finalmente tra la gente, che cucina, impiatta e smista veloce dal pass con uno sguardo alla sala e uno al mare di fronte, fa piacere e fa venire voglia di fermarsi, sedersi, provare una cucina che racconti qualcosa e qualcuno. Specialmente quando quel qualcuno ha veramente qualcosa da raccontare.

Le sue sono storie di cucine lontane e vicine, di cuochi visionari, di viaggi, di scelte di vita, di curiosità e coraggio, di amore – da lontano – per una terra lasciata e poi ritrovata. Una terra, la sua, la Puglia, indagata, setacciata, studiata, filtrata attraverso il vaglio del sogno e del bisogno. Una terra di prodotti fantastici ma spesso mal interpretati, persi come sono, in molti, tra i cuochi, a rincorrere mode, ossessioni e repliche che sviliscono e impoveriscono una cultura anziché tenerla viva e pronta alla metamorfosi e all’evoluzione.

La Puglia di Antonio Bufi è unconventional, ricca di suggestioni esotiche e letterarie, onnivora, polimorfica, con una predilezione per il veganesimo e il crudismo, mai bacchettona, univoca, involuta o autocompiaciuta. C’è l’aura, imprescindibile, del maestro Moreno Cedroni nella cura e nel gioco dei crudi marinati – come dimenticare anni di lavoro fianco a fianco e poi l’impegno a rappresentarlo in giro per il mondo? – c’è la capacità di manipolare ad arte ogni sostanza edibile, e c’è l’ossessione quasi alchemica per le potenzialità di legumi, tuberi, erbe spontanee, frutta fresca e secca, le loro interazioni, le matericità, le consistenze e le resistenze.

Un apprendista stregone, insomma, che di quella terra che calpesta e quel mare che ha la fortuna di ammirare e respirare tutti i giorni vuole capire tutto e andare oltre. Senza pregiudizi, limiti e convenzioni. Sfidando anche quelle ortodossie che fanno di ogni pugliese, e in special modo quei baresi tra i quali Eataly ha avuto l’ardire di infiltrarsi ingenuo e al tempo stesso sfrontato, un depositario di inossidabili certezze in tema gastronomico.

In una carta che non lesina indulgenza per l’eterogenea clientela che varca la soglia della vecchia Fiera Campionaria più per curiosità che per scelta, convivono pacificamente particelle accelerate di creatività e confortevoli certezze, iperbole e misura, divagazioni panteistiche e prosaici atterraggi.

Ci puoi trovare – e provare senza indugio – l’aperitivo di crudo con le alici di paranza, peperoni abbrustoliti e cipolla in escabeche, lo sgombro marinato con stracciatella di burrata , pomodorini demi-sec e buccia d’arancia e i gamberi rossi con finto cous-cous di mandorle  e cavolfiore.

Puoi farti impressionare – e conquistare – da un’ardita commistione di riso rosso integrale germinato, mandorle di Toritto, fragole Candonga, senape integrale, cavolo rapa, topinambur e succo di arance tarocco che riesce ad essere al tempo stesso composizione raffinata e messaggio, inconfutabile, di quanto la cucina vegetariana possa riuscire ad essere bella, allegra, fresca, sana e soprattutto saporita.

Puoi ricrederti e tornare sui tuoi passi, senza colpa, perché hai sentito che la podolica del ragù che accompagna i tagliolini freschi e la crema di carote e zenzero è quella, imperdibile, di Michele Sabatino, allevatore, macellaio e fornitore di eccellenza ad Apricena.

E considerare, infine, che il “tartufo roccioso”, piccola irresistibile ganache di cioccolato avvolta in un mix croccante di pepe rosa, sale affumicato, mandorle tostate e tritate e briciole di amaretti esibita a fine pasto, ha un solo – correggibile – difetto: la solitudine.

La stessa considerazione che, evidentemente, deve aver fatto l’anziano barese al tavolo vicino, coinvolto dai giovani figli a trascorrere la domenica a pranzo da Eataly: spiazzato e sedotto da quel bon-bon poco tradizionale e molto inconsueto, ha voluto conoscere e parlare con lo chef, fargli i complimenti, informarsi sugli ingredienti  e alla fine, spudoratamente, chiedergli anche il bis.

Sono soddisfazioni.

L’Osteria da Eataly
Lungomare Starita, 4
Bari
80 6180401

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