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oltre, altrove e altrimenti

| danilo giaffreda

Oltre il consueto e il garantito. Oltre il prevedibile e l’inconfutabile. Oltre i confini e i margini di sicurezza. E’ oltre, altrove e altrimenti che bisogna pensare e agire, oggi, perché qualcosa cambi e significativamente. Concepire e realizzare nuovi progetti senza adeguarsi a schemi e dettami.  Avviare cambiamenti, scatenare sinapsi, ribaltare posizioni consolidate e conquistarne di nuove. Non accontentarsi di ciò che si è ma ambire a ciò che si vorrebbe essere.

Un invito auspicabile ed estensibile a tanti ambiti, ma principalmente rivolto – com’è mia consuetudine al volgere di ogni nuovo anno – al mondo del cibo e a ciò che gli gira intorno,  a quell’universo dai confini sempre più evanescenti che alla faccia della crisi gode di ottima salute, produce profitti, attira interessi ed esercita un fascino altrove impensabile. Metafora di stili di vita, di abitudini, di manie e ossessioni, di adattamento sociale o del suo rifiuto, ma anche paradigma di sopravvivenza, mutazione ed evoluzione. Chi oggi lavora col cibo e sul cibo e si ferma è perduto. Chi pensa che sia la scorciatoia al successo sbaglia. Chi s’illude che cucinare, produrre e vendere cibo sia di facile appannaggio non ha compreso come, invece, sia fondamentale non solo restituirgli il giusto peso, ma attribuirgli anche nuovi significati, ampliarne e moltiplicarne le potenzialità.

Lo ha capito Niko Romito che, partito da una semplice trattoria di famiglia, con lucida follia e singolare determinazione ha rilanciato e vinto, investendo sulle radici ma scommettendo su formule nuove, chiare e accessibili in costante monitoraggio e perfezionamento. Lo hanno capito i Roscioli, a Roma, affrancatisi dal perimetro stretto dello storico forno e oggi detentori di un articolato impero del gusto che vanta, oltre alla salumeria-ristorante, anche un bar-pasticceria e una sala, la Rimessa, che è wine-bar, enoteca, sala degustazioni e indagine quotidiana sul metamorfico connubio cibo-vino. Lo hanno capito Giuseppe Lo Iudice e Alessandro Miocchi che, non paghi del rapido e rapidamente consolidato successo del loro Retrobottega a Roma, hanno prima investito in bellezza e spazio e poi, senza mai perdere di vista e tradire la loro identità, hanno moltiplicato e continuano a moltiplicare la loro offerta con formule al tempo stesso innovative e rassicuranti. Lo hanno capito i Bros – a Lecce – che, non paghi degli ottimi livelli di tecnica e innovazione perseguiti e raggiunti, spostano costantemente l’asticella verso l’alto investendo sulla comunicazione e su un immaginario salentino ancora tutto da scoprire. Lo hanno capito, infine – ma l’elenco potrebbe continuare a lungo – Alessandro Negrin, Fabio Pisani e Stefania Moroni che non si sono accontentati di svecchiare la storica sede milanese del Luogo di Aimo e Nadia in Via Montecuccoli, ma hanno prima sancito un singolare e convincente sodalizio bistronomico con Rossana Orlandi e poi sono sbarcati in pompa magna nella nevralgica Piazza della Scala con il poliedrico Voce: caffetteria, pasticceria, tavola calda e fredda, book-shop e ristorante gourmet dal fascino mitteleuropeo e stile contemporaneo.

E’ a questa tensione a vedere e andare oltre, altrove e altrimenti – senza dimenticare radici e fondamentali – che ho fatto riferimento per selezionare dodici piatti emblematici dell’anno appena terminato. Dodici cucine che manifestano una continua tensione alla sperimentazione, alla sfida, al cambiamento e al rischio. Dodici cuochi dalla forte identità pronti sempre a rimettersi in discussione e in gioco.

gennaio

Palamita, broccolo, limone nero e alghe. Cucina viscerale e istintiva in costante e proficuo conflitto tra spirito errante e voglia prepotente di radici nelle mani e nella testa di Mauricio Zillo e Francesco Ruggiero prossimi a una nuova, ennesima avventura.

febbraio

Lingua di manzo brasata, bagnetto verde, sponzali, pompelmo e capperi. Attrazione fatale tra sabaudità ortodossa e salentinità estrema e autentica nella cucina di Maurizio Raselli expat per amore a Le tre rane di Lecce.

marzo

Dim sum di capasanta, germogli di piselli e salsa agli agrumi. La quadra felice di Angelo Sabatelli tra memorabilia asiatici e l’essenza più profonda della terra di Puglia nel suo nostos a Putignano.

aprile

Crudo di cefalo su cubo di acquasale. Il dialogo quotidiano di Domenico Cilenti con la imprevedibile generosità del mare e la certezza della terra degli avi in una cucina, quella del Porta di Basso a Peschici, tornata finalmente a concentrarsi sulla sottrazione e l’essenza.

maggio

Baccalà mantecato con burrata, acqua di olive leccine, caviale, cialda di lattuga di mare e alga wakame. Vecchi e nuovi lessici gastronomici in mutua e fertile contaminazione tra le mani lievi e fatate di Cristina Conte a Laltrobaffo di Otranto.

giugno

Manzo brasato, gamberi, spuma di mozzarella, fagiolini, colatura di alici e cozze. La transumanza tra passato e futuro di una terra che Nino Rossi è tornato coraggiosamente ad amare e raccontare con forme e parole  moderne nel suo Qafiz di Santa Cristina d’Aspromonte.

luglio

Il polpo 2018. Il signature dish costantemente riveduto e corretto – e migliorato – di Peppe Bonsignore, indomito e talentuoso cuoco  autodidatta a L’Oste e il sacrestano di Licata, avamposto di eroica resistenza alla periferia sud della Sicilia.

agosto

Mezzi paccheri rigati cotti in acqua di baccalà, baccalà, fagioli di Sarconi. La tipicità lucana in veste contemporanea e dégagée per un nuovo e già esaltante capitolo della Locanda Severino a Caggiano nelle mani salde e senza timore di confronti di Giuseppe Misuriello.

settembre

Cipolla rossa in agrodolce. Il tentativo di toglierla dalla carta dopo l’ingente e ambizioso lavoro di restyling de Le Macàre di Alezio è miseramente fallito: l’icona del comfort food di Daniela Montinaro, anche in mezzo ai segni forti della contemporaneità, rimane certezza e garanzia di ristoro.

ottobre

Triglia, castagne, radice di spinacio, gel di melagrana. L’autunno tra mare e terra di Giuseppe Costa, ex-enfant prodige e ora narratore accorto e in progress di una Sicilia che morde il freno nel suo Bavaglino di Terrasini.

novembre

Raviolo dolce con ricotta, ricci di mare, cannella e pomodoro giallo. La tradizione lucana ribaltata nella più sensuale delle trasgressioni a tavola del 2018 a opera di Vitantonio Lombardo in clamorosa ripartenza a Matera.

dicembre

Uovo barzotto, crema di foie gras, nocciole tostate e tartufo. La essenziale e convincente classicità di Gabriele Bilotta al Foscolo di Matino, la più recente e impavida scommessa ristorativa di un Salento in rimonta.

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