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la puglia chic

| danilo giaffreda

La cornice, come si usa definire ormai – sempre e comunque – lo scenario di qualsiasi evento, è più che splendida. Unica, direi. Lo stile country pugliese declinato con eleganza, raffinatezza e con raro senso della misura. A Villa Cenci, l’esclusiva struttura immersa nel verde della Valle d’Itria che ha ospitato il gotha e la meglio gioventù cuciniera della ristorazione pugliese per In The kitchen Tour 2020 – prima tappa annuale del collaudato format B2B ideato da CHIC – Charming Italian Chef alla sua settima edizione – nulla è fuori luogo, o eccessivo, o incongruo. Nulla somiglia all’omologazione dei linguaggi che si è impossessata del recupero e della riconversione di strutture analoghe, niente pare cedere alla smemoratezza di un apulian style che di pugliese ha sempre meno e sempre più vira su un anonimo e accondiscendente stile internazionale. E’ per questo che mai sede fu più azzeccata di questa per contenere, per un giorno, lo stato dell’arte della gastronomia pugliese contemporanea: i cuochi – tanti, tantissimi, appassionati e gasatissimi  – da una parte; i produttori (tra cui anche, e soprattutto, le aziende partner di Chic) dall’altra e, in mezzo, su un affollatissimo e pantagruelico tavolo, l’esito del loro incontro: creativo, chiassoso, colorato, vivace, ben impiattato e probabilmente anche molto buono, a giudicare dai profumi, dalla qualità e dalla freschezza degli ingredienti e dalla maniera con cui questi davano l’idea di essere stati trattati. E già, perché funziona così: si chiamano – in questo caso a farlo ci ha pensato, senza pregiudizi e distingui di sorta, lo chef stellato Angelo Sabatelli, neo-presidente dell’associazione organizzatrice – i cuochi storici e quelli emergenti di una regione e li si invita a “fare la spesa” presso i banchetti dei fornitori e a preparare al momento un piatto con gli ingredienti scelti, una sorta di instant cooking o ready made duchampiano con pesci, carni, verdure, fiori, frutta, formaggi, pani, paste ed erbe aromatiche al posto di materiali da recupero. L’idea è bella e propositiva, e le conseguenze pure, perché oltre a dare ad alcuni l’opportunità di farsi conoscere e notare e ad altri di ribadire meriti e pesi, l’obiettivo è quello di far entrare in contatto cuochi e fornitori oltre i circuiti distributivi già consolidati o le fame più o meno acquisite. Per un giorno non ci sono competizioni, classifiche, premi, selezioni, i “lei non sa chi sono io” e o gli “io sono io e voi non siete niente”, che spesso affliggono gli esclusi e venano di scoramento una categoria già abbondantemente penalizzata dai tragici eventi degli ultimi mesi. Il clima è festoso, conciliante e propizio agli scambi di idee, pareri, suggerimenti come anche dubbi, incertezze e preoccupazioni. I giovanissimi hanno modo di incontrare e interloquire a distanza ravvicinata (ma pur sempre con mascherina di ordinanza) con i modelli a cui si ispirano, i veterani possono vantarsi di quanto hanno seminato, elargire generosamente consigli e tastare con indulgenza il polso dell’incontinenza e dell’intemperanza giovanili che spesso accompagnano l’arruolamento nella categoria.  Il corollario è deja vu, arma di ordinanza, imprescindibile coté social: influencer, food-blogger e semplici foodies felici di incontrare, tutti insieme, gli oggetti dei loro desideri gourmet, si assiepano ai banchetti, assaggiano, si informano, prendono appunti, scambiano contatti e account, fotografano e condividono in tempo reale stories ad uso e consumo dei rosicanti assenti. Hic et nunc è la meglio Puglia cuciniera, con i suoi pregi e i suoi difetti, con la sua singolarità e il suo innocente ammiccamento alle mode, con il privilegio di una biodiversità che altre regioni e altre nazioni ci invidiano e la non completa consapevolezza delle sue potenzialità, ma oggi più mai orgogliosa, identitaria e con una prospettiva che non può essere più solo e semplicemente territoriale.

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